Il borgo di Peccioli si sviluppa attorno ai ruderi dell'antico castello medievale, circondato da oliveti, vigne e verdi colline, conservando ancora oggi numerosi esempi di architettura del XII secolo.
Nel cuore del centro storico sorge la Chiesa di San Verano, che mostra i tratti della sua costruzione trecentesca originaria. La facciata in stile romanico-pisano è stata restaurata nell'Ottocento ripristinandone le sue antiche forme.
Dall'interno della Chiesa di San Verano è possibile accedere a un oratorio, al cui interno è possibile ammirare gli affreschi sul soffitto raffiguranti scene bibliche dipinti da Jacopo Vignali (1592-1664) e da Neri di Bicci (1419-1491).
Sotto il profilo monumentale, si ricordano la prepositura di San Verano, di origine romanica, rifatta nel XIX secolo, e la chiesa della Madonna del Carmine, anch’essa ricostruita nel 1850 a seguito del disastroso terremoto del 1846: venne mantenuta, comunque, la singolare tipologia ‘periptera’, consistente nella presenza, a circondare l’unica navata, di un portico esterno articolato lungo entrambi i fianchi e sulla facciata, secondo un modello elaborato nella Toscana medicea della Controriforma alla fine del XVI secolo, che conobbe una straordinaria diffusione specialmente nella prima metà del XVII secolo. Si trattava, in genere, di piccoli santuari mariani urbani, spesso suburbani e talvolta isolati nella campagna, i quali svolgevano un ruolo di aggregazione per le plebi rurali che, in tali strutture, avevano modo di ritrovarsi in occasione delle ricorrenze liturgiche e di essere, per così dire, accolti tra le braccia della chiesa, sotto le accoglienti tettoie di tali edifici sacri. ‘Peripteri’ cristiani (il periptero canonico è, in effetti, il tempio greco circondato da un ininterrotto giro di colonne), la formulazione teorica dei quali venne istituita da Leon Battista Alberti, alla metà del Quattrocento, nel suo trattato De Re Aedificatoria, che evidentemente incontrò alla fine del Cinquecento una notevole, rinnovata fortuna. Il campanile della chiesa di San Verano fu progettato dall’architetto Luigi Berlincioni.
Nel XVII secolo aveva riscosso particolare fortuna devozionale la chiesa della Madonna del Carmine eretta sulla Piazza del paese ( che all’epoca era detta Piazza del Fosso e che per questo motivo fu detta popolarmente la “Madonna del Fosso”) nel 1642 con i materiali lapidei provenienti delle dirute chiese intitolate ai Santi Bartolomeo e Lorenzo. L’edificio custodì un affresco raffigurante la Madonna con San Giuseppe e San Verano staccato da un oratorio extraurbano legato alla memoria del beato Bartolo da San Gimignano che, secondo la tradizione agiografica, qui avrebbe svolto le mansioni di cappellano negli anni quaranta del Duecento. L’immagine della Madonna, che reca in mano lo scapolare carmelitano, fu oggetto di intenso culto locale tra XVIII e XIX secolo, specie all’indomani della concessione di una indulgenza plenaria che il pontefice Pio IX – con i brevi del novembre 1850, del 29 luglio 1859 e, infine, del 12 dicembre 1865 – volle fosse rilasciata ai fedeli che avessero visitato la chiesa in occasione della festa della Presentazione della Vergine al Tempio.
Nel territorio comunale, presso Legoli, si trova l’oratorio di Santa Caterina, affrescato nel 1479 da Benozzo Gozzoli, che a causa della peste si era rifugiato in questa zona.
Museo di icone russe.
Nell'anno 2000 veniva ufficialmente inaugurato presso il Palazzo Pretorio di Peccioli un piccolo ma prezioso museo di icone russe. La mostra permanente di
queste icone proviene dalla collezione privata di Francesco Bigazzi, che ha donato al suo paese natale il paziente lavoro di chi ama e vive in Russia da molti anni, ed é riuscito a catturare la profondità della religiosità ortodossa rappresentata dall'icona.
Nei primi mesi di attività sono state ospitate per sei mesi venti preziosissime icone provenienti dal Museo Russo di Pietroburgo, il massimo centro al mondo per la conservazione delle icone e la quantità di reperti in esposizione.
Con il termine icona si indica generalmente un dipinto sacro eseguito su tavola lignea secondo i dettami di una tecnica e di una scrittura antichissima (non si usa il verbo risovàt', dipingere, ma proprio pisàt', e cioé scrivere). La tradizione di quest'arte ha origine durante i primi anni del cristianesimo nell'impero bizantino. Il massimo splendore del genere viene tuttavia raggiunto in Russia a partire dal X secolo. Qui la venerazione e la diffusione delle icone raggiungono tutti i ceti della popolazione: oltre ad ornare le chiese, le immagini sacre sono presenti al posto d'onore in ogni casa (il famoso e suggestivo angolo delle icone), sugli usci, sopra i cancelli, nelle stalle, nei granai, lungo le strade, nei boschi.
La collezione Francesco Bigazzi, donata dal giornalista al Comune di Peccioli, comprende sessanta icone dei secoli XIX e XX. Si tratta di un filone iconografico pressoché inedito per il pubblico italiano sopratutto rispetto alle più note opere medioevali. La peculiarità e l'indubbio interesse della collezione sono rappresentati dall'essere testimonianza di un nesso organico tra la spiritualità antica e la mentalità moderna. Tali opere offrono la possibilità di conoscere vari aspetti della devozione privata e dell'arte religiosa russa, dischiudendo una pagina inedita del suo passato.
E quest'anno si é aperta una straordinaria mostra delle icone che si trovano sul territorio della Valdera e nel volterrano: infatti le icone fanno parte anche della tradizione occidentale (lo scisma tra cattolici e ortodossi é del 1054 ma la rottura vera a livello liturgico e diplomatico arriva con Bonifacio VIII mentre la tradizione delle icone nell'arte religiosa arriva fino a Masaccio). Intanto il secondo colloquio internazionale si é chiuso accompagnato da grande interesse: presto su Internet saranno disponibili gli interventi che religiosi e studiosi hanno dedicato all'icona.